Natalia Ginzburg ricevuta da Sandro Pertini |
'Voialtri vi annoiate, perché non avete vita interiore' era la frase che il prof. Giuseppe Levi, docente di Biologia all'Università di Torino, pronunciava a ogni soggiorno in montagna, quando i familiari, che lui, grande appassionato di montagna e di 'ski', aveva trascinato loro malgrado in montagna, si lamentavano di annoiarsi. E' una delle frasi del lessico della famiglia Levi. Infatti il libro di cui vi voglio consigliare oggi la lettura é 'Lessico Famigliare', un'autobiografia familiare, un libro notevolissimo per la sua originalità, pubblicato nel 1963.
Il 'lessico' di cui al titolo é niente altro che quell'insieme di espressioni anche semplici, ma ricorrenti, che in qualche modo caratterizzano una famiglia (in questo caso la famiglia Levi, ma più generalmente qualsiasi famiglia potrebbe identificarsi in un dato insieme di espressioni ricorrenti). Ad esempio, l'amico di famiglia Terni era sempre, nella bocca del padre dell'autrice, 'quel sempio di Terni', che aveva sempre il vezzo di scoprire in ciascuno di loro parentele con quadri famosi.
'Mio padre, dallo studio, lo chiamava a gran voce, perché venisse a parlare con lui di cellule di tessuti: "Terni!" urlava "Venga qua! Non faccia tanto il sempio!" "Non faccia il pagliaccio!" Gli urlava, quando Terni, con i suoi sussurri estatici, cacciava il naso nelle tende logore e polverose della nostra stanza da pranzo, chiedendo se erano nuove.'
Anche se la famiglia si sposta a seconda delle esigenze professionali del padre da Palermo alla Sardegna a Torino, l'origine triestina continua a fare capolino nel linguaggio, e anche in certe abitudini, come nell'abitudine di mangiare 'gli smarren': mangiati così spesso che alla fine l'autrice e i suoi fratelli non li potevano più soffrire.
La nonna paterna dell'autrice viveva a Firenze, dopo essersi a suo dire 'impoverita' (anche se così povera comunque non lo era) con la Prima Guerra Mondiale: aveva infatti nutrito una cieca fiducia in Francesco Giuseppe ed era stata perfettamente certa che l'Austria avrebbe vinto la guerra, rifiutandosi pertanto di vendere alcuni titoli che possedeva in Austria finché era ancora in tempo.
Sono nominati, in quanto amici di famiglia, diversi personaggi entrati poi nella Storia: Filippo Turati ("povero mio Filippèt"), Anna Kuliscioff, Adriano Olivetti (la sera che Olivetti aiutò Filippo Turati a rifugiarsi in Francia, 'aveva occhi spaventati, risoluti e allegri; gli vidi, due o tre volte nella vita, quegli occhi. Erano gli occhi che aveva quando aiutava una persona a scappare.'): ma qui vengono considerati non solo e non tanto nella prospettiva della Grande Storia, bensi' da una prospettiva ravvicinata e con un taglio personale, benché al momento della stesura, nel dopoguerra, sia ormai uiversalmente riconosciuta l'importanza storica di tali personaggi, molto attivi nella Resistenza antifascista. Da dire che nella famiglia Levi sia i genitori che i fratelli maggiori dell'autrice sono stati antifascisti ben prima dell'emanazione delle leggi razziste. E ancora, si parla di Felice Casorati (il grande pittore metafisico di cui abbiamo a Trieste, al Museo Revoltella, un vero capolavoro), Giulio Einaudi (che viene in realtà chiamato semplicemente 'l'Editore'...), Cesare Pavese, Pitigrilli...
Entrambi i genitori dell'autrice erano di origine triestina (in maniera più diretta il padre, che per inciso - questo il libro non lo dice - era uno dei docenti di Rita Levi Montalcini - e di Giuseppe Levi parleremo, prossimamente, durante la visita 'Trieste e la scienza').
Il cognome Ginzburg con cui conosciamo l'autrice é in realtà quello del marito, ebreo russo trapiantato in Italia, federalista europeo, antifascista convinto, torturato a morte dai Fascisti dopo solo sei anni di matrimonio.
Tra tutte le figure, familiari e non, giganteggia il padre: temperamento collerico, dispotico, tempestoso (che per inciso - permettetemi questa piccola parentesi personale - mi ricorda il mio professore di greco e latino al Liceo Dante - con la rilevante differenza che Giuseppe Levi odiava la musica, mentre il mio professore la considerava l'Arte Suprema). Uomo però di grandissima integrità. In particolare con un figlio, Alberto, che diventerà poi un bravo medico, i rapporti erano molto conflittuali. A causa delle frequentazioni antifasciste, Alberto viene interrogato in questura 'Mio padre (...) era (...) lusingato del fatto che Alberto fosse stato interrogato in questura; e per qualche giorno si astenne dal chiamarlo mascalzone'.
'Non fate malagrazie!', 'Non fate delle negrigure!', 'Voialtri non siete gente da portare nei loghi' erano le sue frasi ricorrenti. La serva (il termine colf, più politicamente corretto, non era in uso all'epoca), era sempre 'una demente'. 'Il Demente' era anche uno zio della moglie, che era in realtà psichiatra. Le amiche della moglie, le 'babe' (la sua voce tuonante risuonava per casa:'Lidia! Lidia! Sono andate via tutte quelle babe?' ' Allora si vedeva l'ultima baba, sgomenta, scivolare nel corridoio e sgusciare via dalla porta (...)'.
Non era molto sensibile all'arte, e non gli piacevano i quadri di Casorati: 'Sai che è antifascista Casorati?' diceva mia madre. Gli antifascisti diventavano, col tempo, sempre più rari: e mio padre, quando sentiva che ce n'era uno, subito si rallegrava. 'Ah, è antifascista? ah davvero? 'diceva con interesse. 'Però i suoi quadri sono dei gran sbrodeghezzi! Possibile che alla gente gli piacciano!'.
Rimproverava i figli se venivano inviati a pranzo da amici di famiglia, perché questo significava 'scroccare'. I figli erano condizionati a tal punto da queste convinzioni paterne che un giorno l'autrice, in gita con la famiglia Olivetti, a una sosta in trattoria, mentre gli Olivetti ordinavano tagliatelle e bistecche, non osa ordinare nient'altro che un uovo, per non dare l'impressione di 'scroccare'. Con grande divertimento del vecchio ingegner Olivetti, uomo quanto mai altruista e generoso, quando questo viene a sapere la ragione del comportamento della ragazzina.
Si accenna anche ad altri parenti, ma senza grande sistematicità, così che è abbastanza difficile ricostruire la genealogia di Giuseppe Levi. Se però il libro difetta di precisione genealogica non si può non ammirare la deliziosa ironica leggerezza con cui tratta delle varie vicende. Si parla del nonno Parente e della nonna Dolcetta, i quali avevano una figlia, Rosina. Rosina era rimasta vedova e in precarie condizioni economiche, così era tornata a vivere dai genitori. E il giorno dopo il rientro dai genitori, mentre erano a tavola, la nonna Dolcetta chiede: 'Cossa la gà oggi la nostra Rosina, che no la xè del suo solito umor?
'Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo possiamo essere, l'uno co l'altro, indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia (...) legata indissolubilmente a quelle frasi (...). Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro, noi fratelli, nel buio d'una grotta, fra milioni di persone'.
Ma, al di là di tutto, dell'interesse per il periodo storico, di quello per una famiglia che aveva profondi legami con Trieste e di quello per i singoli personaggi...'Lessico Famigliare' é un libro che DIVERTE. Uno dei libri più divertenti che abbia mai letto, pur non avendo la pretesa di essere un libro comico. Forse l'autrice l'avrebbe chiamato un 'diario familiare sentimentale': comunque, una delle opere più...'gustose' scritte nel Secolo Breve.