martedì 18 maggio 2021

Il Gattopardo della musica


Avevo cominciato ad ascoltare Franco Battiato non dagli inizi sperimentali (a cui tuttora non sono molto sensibile) bensì a partire dall'"Era del Cinghiale Bianco". La sua musica mi suscitava emozioni ancora oggi indescrivibili ma fortissime, indescrivibili poiché fortissime. 

Le parole evocavano una profondità culturale assolutamente sconosciuta nel pop, ed evocavano mondi sconosciuti persino alla musica classica. Le conosco ancora oggi a memoria.

Poi é venuto il momento di Fleurs I,II,III. Momenti indimenticabili come il brano su Edith Stein, con cui sono riuscita a far piangere un uomo. Molte interpretazioni straordinarie di brani celeberrimi di Brel, Aznavour, Simon & Garfunkel, PFM e altri. Di gente che aveva un'estensione vocale infinitamente migliore della sua, ma al cui confronto non sfigurava perché Battiato, con il suo filo di voce, oltre che cantare, ancora una volta e sempre di più man mano che il tempo passava, evocava.

Non posso non ricordare, quando penso a Battiato, la sua conterranea Giuni Russo, scomparsa ancora più prematuramente, che é riuscita a infondere nelle melodie di Battiato la voce dei gabbiani del Mediterraneo. 

Mi riascolterò tutti i suoi brani: la sua straordinaria, ancorché tecnicamente non perfetta, interpretazione di 'Amore che vieni, amore che vai' nel concerto in omaggio a Fabrizio de André; ?'La cura', 'No time, no space', 'E ti vengo a cercare', 'L'addio'. 'Un Oceano di Silenzio'....

Dal suo testamento: 'E mi piaceva tutto della vita, anche l'odore che gli asparagi davano all'urina'. Solo un genio può.

Mi ricordo il suo ultimo concerto triestino al Politeama Rossetti, assieme a mia sorella. 'Povera patria' aveva scatenato ovazioni, persino da parte mia che sento come patria soltanto Trieste. Alla fine del concerto, al momento dei bis, ho urlato 'No time, no space'. Ascoltatela.